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    Torna a Restituzioni 1992

    San Sebastiano

    Data: Ultimo quarto del XV secolo
    Artista: Anonimo
    Tecnica/Materiale: Scultura policroma in calcare poroso  
    Dimensioni: alt. 155 cm
    Collocazione: Marostica (Vicenza), Chiesa di Sant’Antonio Abate
    Edizione: Restituzioni 1992
    Autore scheda in catalogo: Maria Elisa Avagnina
    Restauro: Corest di Gea Storace e Stefano Provinciali
    Ente di Tutela: Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici del Veneto

    Sebastiano disse: “Per la tua incolumità, o Diocleziano, e per la prosperità dell’impero non ho mai ristato dall’invocare Cristo ch’è ne’ cieli, da me sempre adorato, a preferenza de’ tuoi dii di sasso e di metallo”.  Diocleziano lo fece immediatamente denudare e collocare bersaglio ad una centuria d’arcieri. I dardi lo coversero per modo che somigliava un istrice. dalle Gesta Beati Sebastiani martyris clarissimi

    Scheda breve

    La scultura, che rappresenta San Sebastiano, è in calcare poroso e, originariamente, le sue superfici erano dipinte.
    Il volto, bilanciato tra naturalismo e idealizzazione, è strutturato per piani larghi, ma risentiti, ed è incorniciato da riccioli inanellati, composti secondo un evidente intento di decoro e di simmetria. L’impostazione rialzata della testa sul collo vigoroso, sottolineata dalla bocca socchiusa e dal taglio dell’occhio rivolto verso l’alto, nonché la positura del corpo, con il busto spinto in avanti dal nodo delle braccia congiunte dietro alla schiena, imprimono alla figura giovanile del santo un anelito baldanzoso – quasi un’ebbrezza di martirio. Alle larghe superfici del torace, sottilmente modellate, si contrappone il modellato più secco e nervoso delle gambe e del perizoma.

     

     

    San Sebastiano, e il suo pendant raffigurante San Rocco, sono collocati sotto il portico laterale della chiesa di Sant’Antonio Abate a Marostica (Vicenza). Non è nota la provenienza originaria delle due statue, dedicate ai santi protettori contro la peste.
    L’opera, di indubbia qualità, è riferibile all’ambito vicentino dell’ultimo quarto del Quattrocento; sulla base di confronti stilistici, la scultura è attribuibile ai De Fondulis (a Giovanni o al figlio Agostino), artisti cremaschi attivi a Padova e in Lombardia dalla seconda metà del XV secolo agli inizi XVI, che, influenzati da Bramante, elaborarono uno stile colto e classicheggiante.

     

     

    La  statua presentava uno scurimento diffuso, dovuto a depositi superficiali coerenti e a strati protettivi applicati in precedenti restauri. Le superfici sono state spolverate con pennelli. Con impacchi di polpa di carta e diluente nitro sono stati rimossi i vecchi protettivi. Le incrostazioni sono state asportate con impacchi di polpa di carta, tensioattivi e soluzioni di bicarbonato di ammonio. Mediante bisturi e scalpelli sono state asportate le stuccature. Le ridipinture sovrammesse ai frammenti di policromia originale sono state rimosse a bisturi. Con resina acrilica è stato eseguito il consolidamento delle scaglie di policromia sollevate e del materiale lapideo che presentava fenomeni di decoesione e disgregazione.

     

    Redazione Restituzioni

    Le fasi del restauro

    Durante
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    Dopo

    Dopo il restauro, particolare

    Dopo il restauro, particolare

    Prima del restauro

    Prima del restauro, particolare

    Approfondimenti

    Restituzioni '92

    Sedici opere restaurate, a cura di Fernando Rigon, Vicenza 1992

    Relazione di restauro

    Altre opere dell'edizione

    scultura

    Ritratto funerario clipeato di Upsidia Chome

    scultura

    Ritratto funerario clipeato

    arredi e suppellettili

    Pugnale con fodero

    mosaico

    Mosaico pavimentale

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