Il grande reliquiario, in argento, custodisce nella teca la Spina della Croce.
Il piede, di forma polilobata, è a tre gradini. Il primo mostra una decorazione semplice, con un traforo a barre verticali sull’orlo, mentre è più complessa quella dei gradini soprastanti: sulle facce del secondo è presente un decoro a filigrana con fiorellini in smalto; sulle facce del terzo sono applicati racemi con fiori in smalto, tre stemmi della città di Padova e tre smalti raffiguranti scene della Passione (Flagellazione, Crocifissione, Resurrezione); i bordi di ciascuno sono ornati da un traforo a girali mutuato da elementi decorativi architettonici.
Il nodo è composto da pinnacoli e da edicole, entro cui sono inserite le figure di san Bernardino e dei quattro santi protettori di Padova: Antonio, Giustina, Daniele e Prosdocimo.
La coppa della teca è riccamente ornata da larghe foglie accartocciate e racemi con globi e fiori in smalto. Dalla base polilobata e decorata da racemi si innalzano pinnacoli con nicchie, entro cui stanno le figure della Madonna con il Bambino, l’Annunciata, angeli musicanti, Cristo passo e la Madonna. La copertura della teca è costituita da un grande corpo architettonico formato da pilastri, nicchie e pinnacoli, con le figure di putti musicanti, dei santi Antonio, Francesco, Bernardino, Daniele, Prosdocimo, Giustina e di angeli oranti. In alto, vi sono una cupola, sopra cui è collocata la figura del Padre Eterno benedicente, e sei cupole più piccole.
Il manufatto, conservato nella cattedrale di Padova, costituisce un momento altissimo della produzione orafa padovana della prima metà del Quattrocento. La sua esecuzione durò due decenni. Commissionata nel 1435 dal Consiglio cittadino di Padova a Pietro da Parma (il cui intervento non è chiaro), fu proseguita da Bartolomeo da Bologna e dai suoi due soci Antonio di Giovanni e Francesco di Comino, i quali completarono l’opera nel 1453. L’esuberanza decorativa tipica del gusto gotico internazionale che caratterizza il reliquiario si deve a Bartolomeo da Bologna. Anche le figure negli smalti del piede e il Padre Eterno sulla sommità della cupola sono di gusto gotico, così i trafori sui bordi del secondo e terzo gradino. Invece le figure di santi nelle nicchie e degli angeli musicanti sono improntate a un vigoroso plasticismo, denunciando una cultura artistica permeata dal rinnovamento introdotto a Padova da Donatello: questa svolta in senso rinascimentale è ascrivibile ai due collaboratori di Bartolomeo.
Le superfici metalliche erano scurite per la formazione di solfuri d’argento e per copiosi depositi di polveri e grasso. Dopo lo smontaggio delle parti componenti, il manufatto è stato pulito con impacchi di solventi, bicarbonato di sodio, carbonato di calcio e risciacqui in acqua deionizzata. È seguita la disidratazione con getti di aria calda. Gran parte degli smalti erano deteriorati, con cadute di frammenti e opacizzazione diffusa. Essi sono stati consolidati con resina acrilica e puliti meccanicamente. La protezione delle superfici è stata effettuata con resina nitrocellulosica. I sostegni interni lignei, molto tarlati e parzialmente scollati, sono stati trattati con antitarlo e incollati con colla vinilica.
Redazione Restituzioni