La pianeta è composta da numerosi frammenti e il suo aspetto attuale è evidentemente frutto di rimaneggiamenti. Il restauro realizzato in occasione di Restituzioni ha permesso un’attenta mappatura della sua confezione e sono emersi alcuni aspetti inediti sulle vicende del manufatto prima del suo ingresso al museo.
I principali materiali utilizzati in questa veste liturgica risalgono al XV secolo. Il tessuto della pianeta è uno splendido esemplare di velluto ‘a inferriata’, che l’intervento conservativo ha potuto restituire nella sua originaria ricchezza tridimensionale e densità tattile e cromatica. L’invenzione di questa soluzione pare debba essere attribuita ai tessitori di Venezia, dove fin dal principio del Quattrocento si realizzavano zetani avvellutati, ossia velluti a fondo raso. Ciò nonostante il successo della tipologia fu tale che presto anche altre manifatture tessili italiane si dedicarono alla produzione di questi velluti con esiti pressoché identici a quelli realizzati in laguna. Lo stesso problema attributivo si ha per il ricamo della croce e della colonna, dove sono raffigurati Santi a figura intera sotto arcate e Santi a mezzobusto nei due riquadri del braccio corto della croce. L’impianto compositivo e la tecnica di esecuzione del ricamo rimandano a soluzioni quattrocentesche, ma, ancora una volta è difficile stabilire in quale centro sia stato prodotto il manufatto.
Nella pianeta del Bargello le arcate trilobate a sesto acuto si richiamano ancora a forme tardogotiche ed è assente quella complessità architettonica con cupole e sovrastrutture, visibile negli esemplari della seconda metà del Quattrocento e di primo Cinquecento. Una fattura italiana, forse in ambito veneziano, può essere suggerita dal confronto con le arcate fiorite del piviale di San Pietro dipinto nel trittico di San Domenico di Carlo Crivelli (1482). Tuttavia, simili strutture e ancor più vicine terminazioni fitomorfe delle arcate ricorrono frequentemente anche nei ricami del secondo Quattrocento di ambito spagnolo, fortemente condizionati nelle tecniche di ricamo tridimensionale e nelle ornamentazioni sovrabbondanti dalle coeve soluzioni fiamminghe. La combinazione di velluto e ricami è tipica dei parati quattrocenteschi, ma la pianeta del Bargello ha subito numerose modifiche per adattarla al cambiamento delle fogge liturgiche nel corso dei secoli e per continuare a utilizzare le parti sane dei preziosi tessuti, salvando le zone integre da quelle irrimediabilmente deteriorate. In primo luogo il velluto ‘a inferriata’ è stato decorato con motivi vegetali tono su tono di chiaro gusto settecentesco, mediante un procedimento di impressione a caldo con mangani che simulava l’effetto del pelo tagliato a diverse altezze, operando però direttamente sulla pezza finita. Tali motivi non rispettano l’orientamento del decoro originario e la loro aggiunta risale probabilmente alla stessa epoca in cui la veste è stata smontata e ricomposta nella foggia attuale, inserendovi anche la fodera di lino e il gallone dorato, entrambi di fattura settecentesca.
In questo nuovo assemblaggio il ricamo è stato manomesso, tagliando alcuni riquadri per adeguarli alle nuove misure e probabilmente invertendo la posizione della croce e della colonna. Il rimaneggiamento complessivo è visibile anche nel mosaico di frammenti di velluto nella parte inferiore della pianeta; sul retro appare anche una lunga cucitura sagomata che plausibilmente seguiva il profilo originario della veste. Proprio l’attuale retro, inoltre, costituito dai due teli più grandi, doveva essere in origine la parte anteriore del manufatto. Con il cambiamento della foggia, poiché nella nuova parte anteriore era necessaria una minor quantità di stoffa, si è probabilmente preferito destinare al retro di maggior superficie i pezzi meglio conservati e utilizzare gli altri frammenti recuperati sul dritto, sacrificandone il corretto orientamento della decorazione.