La statua è conservata nella Chiesa parrocchiale di Montorio (Verona), ma era di pertinenza della piccola chiesa di Santa Maria della Rotonda. Pur ricordata già a partire dalla visita pastorale di Ermolao Barbaro nel 1460, la statua è inedita. Collocata certamente in una posizione elevata, tale da prevederne la visione dal basso, l’opera, secondo alcuni documenti, avrebbe dovuto essere inserita in una nicchia nell’abside curvilinea. Nel corso del tempo, anche in relazione a diverse risistemazioni della chiesa, la statua subì non solo vari spostamenti ma anche una pesante ridipintura (forse nel 1915), per contrastare il degrado della policromia originale.
L’autore dell’opera ci è conservato dall’iscrizione apposta sul basamento ottagonale: “Opus Iohannis quondam magistri rigini de Verona. Dompni Iacobus de Mantua Iohannes a Falcibus fecerunt fieri MCCCLXXXVIII”. La statua consente così di seguire e precisare la tarda attività del maestro veronese Giovanni di Rigino, la cui ultima opera nota è il San Procolo del 1392: la ricerca di una compressione dei volumi che porta ad accentuare la tensione delle linee dei panneggi sembra puntare ad una sorta di astratta composizione linearistica. Lo schematismo di questa Madonna con Bambino, che esalta la monumentalità della figura, va messo in relazione anche con la tipica iconografia della Vergine eretta. Attraverso l’esame stilistico di quest’opera è possibile proporre l’accostamento ad altri lavori dello stesso maestro veronese presenti ad esempio nella chiesa di San Pietro in Monastero e di San Pietro Incarnario o nella stessa Verona, seguendo gli sviluppi e la maturazione di una maniera personale e inconfondibile, seppur provinciale, di interpretare la sensibilità gotica. Un tentativo di aristocratica e meno popolare severità, nei limiti tuttavia di un profondo legame con la tradizione artistica veronese.
La statua ci è pervenuta sostanzialmente integra, se si eccettua il piede sinistro del Bambino, rotto in due punti e già assemblato precedentemente. La policromia antica era tuttavia coperta da una pesante ridipintura che è stata rimossa con diversi metodi di intervento: all’uso del bisturi si è alternato quello del micromotore da laboratorio e di opportune miscele solventi quali DAN (dimetilformammide, acetato d’amile, diluente nitro, 1:1:1). L’esatta successione degli strati pittorici e la loro composizione è stata possibile grazie all’intervento del laboratorio chimico della scuola regionale per la valorizzazione dei beni culturali di Botticino (Brescia). La fase della rimozione della ridipintura ha richiesto un lavoro lento, alternato alle operazioni di consolidamento delle scaglie di pellicola pittorica sottostante, staccate dalla pietra. Il consolidamento è avvenuto per mezzo di iniezioni di emulsione acrilica in acqua (1:1).
Redazione Restituzioni