Croci decorate, insegne, mazze pastorali e “fanali” in legno dorato facevano parte, con altro ancora naturalmente, del complesso corredo che ogni confraternita religiosa esibiva in occasione delle numerose processioni svolte nel corso dell’anno liturgico. Il manufatto in esame, conservato nel Duomo di Santo Stefano a Caorle, rientra appunto nell’ambito delle “Insegne processionali”, ed è costituito da un bastone ligneo sulla cui parte terminale è issata un’ampia cornice intagliata e dorata, all’interno della quale è collocato un piccolo gruppo scultoreo raffigurante “Cristo deposto sorretto da un angelo”. Si tratta di un’iconografia particolarmente diffusa in ambito veneto soprattutto verso la fine del XVI secolo (si pensi ad esempio all’opera di Jacopo Palma il Giovane). In realtà tale soggetto ebbe fortuna proprio nell’ambito degli apparati processionali: si ricordano infatti numerosi esempi di manufatti di vario tipo con questo specifico tema iconografico, in uso tra le diverse confraternite.
La documentazione storica ed archivistica non consente di attribuire l’insegna di Caorle ad una confraternita in particolare. Da un punto di vista stilistico l’intaglio e la modellazione dell’insieme, che soprattutto nella cornice sembra prefigurare motivi rococò, permettono di confrontare il manufatto con la produzione scultorea veneziana della prima metà del XVIII secolo.
L’insegna presentava numerosi sollevamenti e distacchi dal supporto ligneo della preparazione a gesso e colla e della doratura. L’uso processionale è senza dubbio all’origine di altre lacune e della presenza di fuliggine e di gocciolamenti di cera. Vari interventi precedenti, mediante stucchi molto duri e in seguito anche attraverso l’uso di chiodi e viti in ferro di supporto, hanno aggravato la situazione. Un’attenta spolveratura con pennelli di martora, ha preceduto il consolidamento dei sollevamenti e dei distacchi segnalati mediante carta giapponese e iniezioni di alcool polivinilico ed emulsione acrilica al 10% in acqua e alcool. L’incollaggio delle fessure è avvenuto mediante iniezioni di Vinavil NPC e resina epossidica Araldite AW 106 precedute dal consolidamento con Primal AC 33 e Movilith DMC 2 al 50%. Una miscela di solventi acetone-dimetilformammide-clorotene e aggiunta di paraloid B 72 al 2% è stata utilizzata per la pulitura dell’oro. La rimozione delle ridipinture ha richiesto l’intervento a secco mediante bisturi previo ammorbidimento con impacchi di 4A (acqua, alcool, acetone, ammoniaca) per lo strato superiore, mentre per quelli sottostanti si sono usate paste ammorbidenti a base di cloruro di metilene e trietanolammina. La pulitura finale e l’alleggerimento delle vernici alterate sono ottenuti con una miscela di dimetilformammide acetato d’amile e diluente nitro. Infine, due applicazioni a spruzzo di vernice retoucher e mat Lefranc.
Redazione Restituzioni