La croce astile è in argento, in parte dorato. Sul recto appare Cristo al centro e, nelle testate del braccio trasversale, si trovano le immagini della Vergine dolente e di san Giovanni, mentre in quelle del braccio verticale vi sono la Maddalena e un pellicano, simbolo del sacrificio eucaristico. Sul fusto della croce sono incisi Cristo giudice, il Sole, la Luna e le stelle, il teschio di Adamo e un motivo a rosette.
Sul verso compare al centro la Madonna con il Bambino, attorniata dai simboli dei quattro evangelisti (il bue per san Luca, il leone per Marco, l’aquila per Giovanni e l’angelo per Matteo). Sul fusto sono incisi un angelo, san Pietro, san Paolo e un’iscrizione che riporta l’autore e la data dell’opera.
La croce, decorata sul profilo da una fascia a ovuli, presenta inoltre un nodo su cui è applicato lo stemma di Bassano ed è provvista di impugnatura.
Questa preziosa opera d’oreficeria fu eseguita da Filarete, scultore e architetto del Rinascimento fiorentino, nel 1449. Commissionata in quello stesso anno dal Comune di Bassano (Vicenza), è conservata oggi nel Museo civico della città.
Da un punto di vista stilistico si nota un robusto plasticismo e una forte carica espressiva nelle figure sbalzate alle estremità della croce, mentre più lineare e sottile è la decorazione incisa sul fusto, che risente del soggiorno romano del Filarete. Oltre all’influenza di Lorenzo Ghiberti, il toccante patetismo e la dichiarata evidenza realistica rivelano un richiamo a Donatello.
Nel 1622 la croce filaretiana fu oggetto di un articolato restauro che la trasfigurò, ma il suo aspetto originario è ricostruibile grazie alla fedele riproduzione pittorica datane da Jacopo Bassano nel Battesimo di Santa Lucilla (pure conservato al Museo civico). A differenza della redazione più sobria pervenutaci, prima dell’intervento seicentesco l’opera mostrava un’esuberante decorazione di sapore ancora gotico: un goticismo probabilmente riconducibile alle esigenze conservatrici legate alla tipologia dell’oggetto.
Le formelle che compongono il manufatto sono state smontate dal supporto ligneo. Le varie ammaccature, presenti sulle superfici, sono state per quanto possibile corrette. È seguita la pulitura meccanica dal velo di polveri e solfuri d’argento di colore nerastro, impiegando cotone imbevuto in alcol etilico e bicarbonato di sodio, oltre a carbonato di calcio per le zone più incrostate. Dopo vari lavaggi in acqua deionizzata le superfici sono state disidratate e protette con resina acrilica. Le due placchette del nodo sono state incollate con resina epossidica. Le formelle, che presentavano una disposizione incongrua rispetto agli schemi iconografici accertati della tipologia, sono state ricollocate secondo un ragionato rimontaggio, sostituendo i chiodi in ferro con chiodi in argento.
Redazione Restituzioni