I cinque reperti bronzei, decorati a smalto e vetro millefiori, appartengono a una serie di manufatti, di epoca romana, di cui non è nota la provenienza.
Si tratta di un’applicazione lavorata a giorno con testa di Oceano, circondata da delfini natanti, e una placchetta con decorazioni vegetali, suggestive e rare sia per la forma che per il repertorio ornamentale. Gli altri tre manufatti corrispondono a tipologie più diffuse e note, nonostante la presenza di alcuni dettagli che li distinguono nell’ambito della loro classe di appartenenza: una scatola-sigillo; un’applicazione in forma di disco e una presunta fibula.
L’ornato a millefiori, tecnica introdotta nella seconda metà del II secolo d.C. ca (o tardo II secolo d.C.), non appartiene alla tradizione romana e va ricondotta all’area di produzione dell’Europa continentale centrale e della Britannia. In ambito italiano, se si eccettuano alcune zone dell’Italia settentrionale e dell'arco alpino, di scarsa entità sembrano le attestazioni nella zona peninsulare.
In questo contesto i cinque reperti vaticani, situabili intorno al II-III secolo d.C., acquisiscono un certo rilievo: per quanto sia ignoto il luogo di rinvenimento, è apaprso plausibile supporre una loro provenienza da Roma, come suggerisce la presenza di malta sul retro, in alcuni dei reperti, che ha consentito di ipotizzare un ritrovamento nelle catacombe. La presenza di queste produzioni a Roma è stata tradizionalmente correlata all’elemento militare: nell’Urbe, infatti, erano dislocati numerosi militari provenienti dalle zone provinciali d’oltralpe. Tali presenze, tuttavia, possono anche essere spiegate con il fatto che Roma rappresentava il principale mercato dell’impero, dove avrebbero potuto confluire manufatti appartenenti a genti di diverse tradizioni culturali e di varia provenienza geografica.
Prima del restauro i manufatti presentavano depositi di polvere e sporcizia accumulatisi negli anni.
Gli smalti e il vetro millefiori, attraversati da una rete di microfratture, si presentavano lacunosi in molti punti. Sulle parti metalliche erano accumulati prodotti di corrosione e, a eccezione della scatola-sigillo, gli smalti e il metallo dei reperti erano coperti da protettivi (soprattutto cera) degradati e opacizzati, segno di precedenti interventi conservativi. Le operazioni di ripristino, accompagnate da una serie di analisi diagnostiche, hanno previsto un primo trattamento di pulitura generale della superficie degli smalti con acqua demineralizzata e del metallo con etanolo e acetone. Successivamente si è proceduto alla rimozione dei prodotti stesi sulle superfici nei precedenti restauri e all’eliminazione dei prodotti di corrosione del metallo con il ricorso a uno specifico gel. L’eliminazione della cera e dei depositi sulla superficie dei reperti ha permesso il recupero della superficie originaria del metallo. Non la cera infiltrata nella rete complessa delle fratture degli smalti, per l’importante funzione consolidante che essa svolge.
Il restauro si è concluso con l’applicazione di una cera microcristallina, applicata a freddo a pennello, che protegge il metallo dall’umidità e ne consente la lucidatura.
Redazione Restituzioni